Lieve miglioramento della qualità dell’aria, ma nelle città continuano gli sforamenti dei limiti normativi. Aumento degli spostamenti della mobilità attiva a piedi e in bicicletta, tiene il trasporto pubblico, ma cresce ancora il numero di auto e moto nelle città ed aree metropolitane.
Complessivamente la mobilità sostenibile urbana delle grandi città non registra grossi miglioramenti in questi due anni 2017/2018.
Sono questi i principali dati che emergono dal secondo rapporto “MobilitAria 2019” di Kyoto Club e Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IIA) in collaborazione con OPMUS ISFORT, presentato oggi a Roma presso la sede centrale del Gruppo FS Italiane.
Lo studio analizza la qualità dell’aria di 14 città metropolitane (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia), registrando un miglioramento, che tuttavia non certifica per tutte le città il rispetto dei limiti normativi previsti dalla Direttiva europea. Nella valutazione della qualità dell’aria, il rapporto considera i tre inquinanti particolato (PM10 e PM2,5) e biossido di azoto (NO2).
Nello specifico, viene rilevata una riduzione dei livelli medi di NO2, con alcune città in decremento come Messina (-23%), Cagliari (-21%), Roma (-12%), Torino (-12%) e Bologna (-11%). Al contrario Reggio Calabria e Catania segnalano un superamento dei valori. Tra le città che nel 2018 hanno superato i limiti ci sono Milano, Roma e Torino.
Per le concentrazioni medie di PM10, in genere al di sotto dei limiti, per diverse città è avvenuto il superamento dei limiti giornalieri, che ricordiamo non dovrebbero superare i 35 sforamenti l’anno. Tra queste la peggiore del 2018 è Torino (89 giorni) seguita da Milano (79 giorni), Venezia (63 giorni), Napoli (40 giorni) Cagliari (49 giorni). L’Italia, per il continuo superamento dei limiti normativi di PM10, è stata deferita alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per non aver preso misure adeguate nel contrastare l’inquinamento dell’aria.
Sotto il punto di vista della mobilità urbana, il report analizza cosa è avvenuto in questi due anni a livello urbano, regionale e nazionale, con i diversi provvedimenti e investimenti. Per le Zone a Traffico Limitato si consolida la ZTL di Palermo, novità da Firenze con la ZTL estiva e poi arrivata Area B a Milano: due terzi della città dove progressivamente saranno eliminate le auto più inquinamenti. Stabili nel biennio aree pedonali e piste ciclabili. Ad ottobre 2018 sono entrati in funzione i blocchi del traffico nelle città del bacino padano sulla base dell’accordo sottoscritto tra Regioni e Ministero Ambiente. Per l’uso del Trasporto Pubblico Urbano (TPL) aumentano gli utenti a Bologna (+18%) e Torino (+12%), Cagliari (+9%) maglia nera per Catania (-10%). La sharing mobility cresce a Milano, Torino, Firenze, Roma, Palermo e Cagliari, sbarca a Bologna per la prima volta, ma nelle altre città non decolla. Ed ecco il dato negativo: dopo anni in costante diminuzione, nel biennio 2017-2018 torna a salire l’indice di motorizzazione di automobili sia nelle città che aree metropolitane: Torino è la peggiore (+5%, 674 veicoli/1000 abitanti), seguita da Bologna (+3%, 531 veicoli/1000 abitanti).
“In questi due anni abbiamo registrato un lieve miglioramento della qualità dell’aria ma le città e le Regioni italiane sono troppo lente nelle azioni da intraprendere rispetto ai problemi di traffico e congestione. Da un lato migliora la mobilità attiva ed il trasporto pubblico nelle aree centrali ma nelle aree metropolitane l’auto continua ad essere il mezzo più utilizzato”, hanno dichiarato Anna Donati, coordinatrice del gruppo di lavoro sulla mobilità sostenibile di Kyoto Club e Francesco Petracchini, ricercatore del CNR-IIA. “Ed è qui che bisogna investire di più con misure e risorse a livello nazionale verso la mobilità sostenibile.”
“Il treno, mezzo ecologico per eccellenza, permette di ridurre in modo significativo l’inquinamento”, dichiara Orazio Iacono, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Trenitalia. “Nel 2018 le persone che hanno scelto il treno al posto dell’auto, hanno contribuito a ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera di oltre due milioni di tonnellate. La nostra flotta attuale conferma l’attenzione verso l’ambiente. Il Frecciarossa 1000 è il primo treno alta velocità ad aver ottenuto la certificazione di impatto ambientale ed è costruito con materiali la cui percentuale di riciclabilità è vicina al 100%. Per acquistare i nuovi treni regionali Rock e Pop, riciclabili fino al 97% con una riduzione del 30% dei consumi energetici rispetto ai convogli precedenti, utilizziamo i green bond, strumenti di finanza sostenibile”.
Il rapporto contiene dati inediti dell’Osservatorio OPMUS-ISFORT sulle caratteristiche della mobilità 2016/2017 nelle 14 aree metropolitane confrontati con gli anni 2012/13. Emergono il balzo della mobilità a piedi ed in bicicletta, la tenuta del trasporto pubblico e il calo dell’uso dell’auto, che tuttavia resta ampiamente il mezzo preferito dai cittadini metropolitani con oltre il 50% di spostamenti. OPMUS ISFORT introduce il tasso di mobilità sostenibile, costruito sommando gli spostamenti a basso impatto (piedi, bici e TPL) nelle aree urbane. Tale tasso è inferiore al 40%, sia nella media delle Città metropolitane, sia in quella nazionale. Nel 2016-2017 rispetto al 2012-2013 l’indice è cresciuto di quasi 8 punti a livello nazionale e di circa 5,5 punti nelle aree metropolitane.
E l’area metropolitana di Milano, città che conferma la sua capacità innovativa, ad aprire la classifica con un tasso di mobilità sostenibile di poco inferiore al 50% (48,3%), seguita da Genova (46,7%), Venezia (46,4%) e Bari (44,1%). In fondo alla classifica Catania, Reggio Calabria, che pure migliorano, e Messina.
“L’analisi dei dati mostra che esistono differenze rilevanti nei modelli di mobilità espressi tra le singole aree metropolitane sia per intensità e caratteristiche della domanda, sia soprattutto nell’uso dei mezzi di trasporto. Le Città metropolitane del Nord (+ Firenze), pur con eccezioni e specificità particolari, si stanno complessivamente muovendo verso un’organizzazione più sostenibile del trasporto, mentre quelle del Sud (+ Roma) appaiono in ritardo, anche se non mancano situazioni interessanti di forte recupero” è il commento del Direttore della ricerca di ISFORT, Carlo Carminucci. “L’altro dato generale significativo che emerge, peraltro non così scontato, è l’omogeneità degli indicatori delle Città metropolitane con le medie nazionali, come se non esistesse una specificità dell’area metropolitana rispetto alla domanda di mobilità e alla scelta dei mezzi di trasporto. Ciò significa che queste aree così rilevanti per lo sviluppo del Paese devono accelerare la transizione verso un modello di mobilità più sostenibile, positivamente avviato negli ultimi anni ma ancora troppo debole e a macchia di leopardo”.
Nell’ultima parte del report, Kyoto club e CNR-IIA lanciano diverse proposte per migliorare la qualità dell’aria e la mobilità sostenibile: l’aumento del numero di centraline per controllare meglio la qualità dell’aria, l’approvazione di un nuovo codice della strada, linee guida per i Piani regionali sulla Qualità dell’Aria, il monitoraggio dei PUMS che tutte le città metropolitane devono approvare a breve. Inoltre sono definiti target precisi al 2025 per l’aumento del trasporto collettivo, della mobilità pedonale e ciclistica, della sharing mobility, contestuale alla riduzione dell’auso dell’auto privata. Per il veicolo elettrico si propone che dopo il 2030 non vengano vendute In Italia più veicoli “fossili” ma su punti sul tutto elettrico per auto, moto e trasporto pubblico.
“Il Piano Nazionale Energia e Clima presentato dal Governo, è troppo timido e insufficiente anche nella parte trasporti” ha dichiarato Francesco Ferrante, Vicepresidente Kyoto Club. “Per il raggiungimento degli obiettivi previsti di riduzione dei gas serra del 33% al 2030 e la decarbonizzazione al 2050. Per tener fede agli obiettivi nel settore trasporti dobbiamo ridurre le emissioni del settore di 23,8 milioni di tonnellate nella prossima decade e di 76,8 milioni al 2050. Una sfida immensa che nel PNEC è invece davvero insufficiente e ci auguriamo che dal confronto in corso venga modificata.”